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Omicron: dopo quanto tempo ci si può reinfettare? Come proteggersi?

Salute e tecnologia

Omicron: dopo quanto tempo ci si può reinfettare? Come proteggersi?

Introduzione

La variante Omicron è ad oggi (luglio 2022), quella prevalente nel nostro Paese. Più nel dettaglio, ad essere presenti sono soprattutto le sue sottovarianti, quali Omicron 4 (BA.4) e Omicron 5 (BA.5).

Dal momento in cui Omicron ha iniziato a circolare e diffondersi in Italia (indicativamente, da inizio dicembre 2021), i casi di reinfezione sono progressivamente aumentati.

Reinfezioni e situazione in Italia

Che cos’è una reinfezione?

Si parla di reinfezione quando una persona, guarita da una patologia infettiva, viene nuovamente infettata dall’agente patogeno, sviluppando una nuova infezione e una nuova malattia.

Entrando più nello specifico, da definizione del Ministero della Salute, si definisce “caso di reinfezione” da SARS-CoV-2:

  • Una persona che, successivamente ad una prima infezione da nuovo coronavirus documentata da un test antigenico o da un test molecolare positivo, presenta una nuova infezione – sempre documentata da test antigenico o molecolare positivo – a distanza di almeno 90 giorni dalla prima diagnosi.
  • Una persona che – dopo una prima infezione da SARS-CoV-2 documentata da un test molecolare positivo – manifesta una nuova infezione, sempre documentata da un test molecolare positivo, entro 90 giorni dalla prima diagnosi, purché con ceppo virale diverso dal precedente, documentato da genotipizzazione.

In Italia, il tasso di reinfezioni sembra essere in graduale aumento. Stando a quanto riportato nel rapporto esteso dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) del 20 luglio 2022, la percentuale di reinfezioni sul totale dei casi segnalati è pari al 12%.Per approfondire:Reinfezione da SARS-CoV-2 e COVID-19: chi è guarito può ammalarsi di nuovo?

Omicron reinfezione

Varianti Omicron e reinfezioni

Come anticipato, i casi di reinfezione hanno subìto un progressivo aumento da quando la variante Omicron (BA.1) prima e le sue sottovarianti poi (Omicron 2, Omicron 3, Omicron 4 e Omicron 5) hanno iniziato a diffondersi sul nostro territorio.

Già a fine 2021, infatti, studi condotti in diversi Paesi avevano evidenziato come il rischio di reinfezioni fosse più alto con l’avvento della variante Omicron rispetto a quanto avvenuto nelle ondate precedenti in cui le varianti di preoccupazione maggiormente circolanti erano la Beta e la Delta.Per approfondire:COVID-19 – Varianti SARS-CoV-2: quali sono e cosa sappiamo

Studi condotti in seguito hanno confermato questa tendenza alla reinfezione, che si evidenzia anche sulla base dei report settimanalmente pubblicati dall’Istituto Superiore di Sanità, in cui la percentuale di reinfezione sul totale dei casi segnalati sta al momento seguendo un costante – seppur lieve – trend crescente.

Sulla base dei dati finora disponibili, inoltre, la reinfezione con variante Omicron e sue sottovarianti appare possibile sia negli individui che hanno sviluppato un’infezione primaria e la malattia per poi guarirne ma senza ricevere alcuna dose di vaccino in seguito, sia per coloro che dopo la guarigione dall’infezione primaria hanno ricevuto la vaccinazione una volta trascorso il periodo di tempo necessario. Tuttavia, per quest’ultima categoria di individui, il rischio di reinfezione pare essere più basso.

Le reinfezioni possono essere asintomatiche, così come possono essere più lievi o più severe rispetto all’infezione primaria da SARS-CoV-2.

Dopo quanto tempo ci si può reinfettare con Omicron?

Purtroppo, la risposta a questa domanda non è semplice, in quanto gli studi e i dati raccolti fino ad oggi non sono in grado di fornire una risposta univoca.

Difatti, gli studi attualmente disponibili sono stati condotti in diversi Paesi, con diverse metodiche, analizzando popolazioni differenti in diverse fasce di età, in periodi della pandemia distinti in cui le varianti circolanti potevano essere altre rispetto a quelle attualmente prevalenti.

Per avere un’idea, sono stati riportati intervalli di tempo variabili da poche settimane – come, ad esempio, nel caso di uno studio danese che ha individuato casi di reinfezione con Omicron 2 in pazienti con precedente infezione dovuta ad Omicron 1 dopo 20-60 giorni dalla prima diagnosi – fino ad arrivare a diversi mesi o addirittura ad un anno.

Perché è difficile stimare dopo quanto tempo ci si può reinfettare con Omicron?

Nell’attuale contesto pandemico, con la continua comparsa di nuove varianti e l’aumento della circolazione di SARS-CoV-2, è importante ricordare che la situazione inerente contagi e reinfezioni è in continua evoluzione, per questo risulta difficile fornire risposte certe, esaustive e globalmente condivise su quale è effettivamente il rischio di ammalarsi di nuovo di COVID-19 e sulle tempistiche necessarie affinché la reinfezione da SARS-CoV-2 e da sottovarianti di Omicron possa avere luogo.

Tale difficoltà nell’ottenere dati che possano “andare bene per tutti” è ancor più evidente se pensiamo che questo fenomeno riguarda Paesi di tutto il mondo nei quali la gestione sanitaria dell’emergenza avviene con criteri differenti che potrebbero influire, in maniera più o meno importante, sull’andamento dei contagi. A queste variabili si aggiungono poi tutti i fattori individuali e legati ai comportamenti di ciascun soggetto – quali, ad esempio, corretta applicazione delle misure preventive, rispetto delle eventuali misure restrittive dettate dalle autorità, ecc.

Reinfezioni ed estate: perché i contagi aumentano?

Molte persone, erroneamente, credevano che con l’arrivo della bella stagione e delle alte temperature estive, la situazione a livello di contagi e trasmissione di SARS-CoV-2 e delle sottovarianti di Omicron potesse migliorare. Naturalmente ciò non è avvenuto, ma come mai?

Innanzitutto è bene precisare che, al contrario di quanto molti credono, il caldo non interrompe la circolazione del virus; di conseguenza, l’estate non mitiga in alcun modo l’epidemia.

Questa credenza del tutto infondata, tuttavia, ha portato molte persone ad “abbassare la guardia” e a ridurre – o, talvolta, ad eliminare del tutto – la messa in pratica delle comuni misure preventive fino ad ora utilizzate. A tutto questo si aggiunge anche il graduale allentamento delle misure restrittive che, se da un lato è necessario, dall’altro non deve indurre a ritenere che la pandemia sia finita e che SARS-CoV-2 – e, più precisamente, la sua variante attualmente prevalente Omicron 5 – sia innocuo.

Da non dimenticare, inoltre, che man mano che il tempo scorre, l’immunità acquisita – in seguito ad infezione o in seguito a vaccinazione – tende a diminuire e ciò potrebbe potenzialmente esporre a nuovi contagi.

Come proteggersi dalle reinfezioni?

Le indicazioni per proteggersi dalle reinfezioni sono le stesse consigliate per proteggersi dall’infezione primaria. Pertanto, misure preventive come il distanziamento sociale, l’indossare le mascherine nei luoghi al chiuso così come all’aperto quando non è possibile mantenere la distanza interpersonale, e la corretta igiene delle mani sono valide ora così come lo erano nelle prime fasi della pandemia e dovrebbero, pertanto, continuare ad essere adottate.

A queste misure si aggiungono poi comportamenti dettati dal buon senso, come:

  • Evitare di frequentare persone che manifestano sintomi compatibili con l’infezione da coronavirus e da sottovarianti di Omicron;
  • Se si presentano sintomi sospetti (ad esempio, febbre, mal di gola, mal di testa) evitare di uscire e rivolgersi subito al medico per ottener indicazioni su come comportarsi; allo stesso tempo, è opportuno sottoporsi a tampone antigenico o molecolare che sia.

Nel caso in cui ci si sottoponga a tampone antigenico, se il risultato è negativo ma i sintomi compatibili con la COVID-19 persistono, è opportuno prestare comunque attenzione. A questo proposito, informazioni più dettagliate sono contenute nell’articolo specifico:

Sintomi COVID con Tampone Negativo: perché accade e cosa fare

In questo contesto ricordiamo, inoltre, che la vaccinazione rimane un metodo sicuro ed efficace nel prevenire lo sviluppo della malattia in forma grave e le ospedalizzazioni. Per tale ragione, sarebbe opportuno sottoporsi non solo al ciclo vaccinale primario per chi ancora non l’avesse fatto, ma anche sottoporsi alle dosi booster per le categorie di persone nelle quali esse sono raccomandate.

Vaccino contro Omicron

Sono in fase di studio diversi vaccini specifici contro la variante Omicron; alcuni di essi sembrano aver dato risultati promettenti e potrebbero essere disponibili a partire dal prossimo autunno, benché non ci sia ancora nulla di certo e gli studi siano ancora in corso.